Ci sono parole che attraversano il tempo senza invecchiare, come semi che continuano a fiorire nei luoghi più inattesi. Quelle di Santa Maria Crocifissa di Rosa, fondatrice delle Ancelle della Carità, sono tra queste. A Brescia, nel 1840, nasceva un carisma destinato a estendersi nel mondo, radicato nel Vangelo e nutrito da uno sguardo profondo sulla sofferenza umana. Da allora, l’essere “ancella della carità” è rimasto un gesto di servizio concreto, ma anche un atto rivoluzionario: mettere al centro la persona, con i suoi limiti, i suoi bisogni, la sua sete di senso.

Ancora oggi, le suore testimoniano una fedeltà che non è nostalgia del passato, ma profezia per il presente. Madre Maria Oliva, Superiora generale delle Ancelle della Carità, lo racconta con voce ferma e appassionata. I voti di povertà, castità e obbedienza non sono formule vuote, ma segni visibili di una vita che sceglie di appartenere, senza possedere. «Non è vero che i giovani non cercano nulla – dice –. Cercano radicalità, coerenza, verità. Quando trovano questi valori incarnati, li riconoscono. Li scelgono».
Il carisma, dunque, non è un’ombra antica, ma una luce che si adatta al tempo, senza piegarsi allo spirito del tempo.
Un’urgenza di cura: giovani, anziani e malati
Per Madre Maria Oliva, il bisogno oggi non ha più il volto della povertà materiale. È cambiato. Si è fatto più silenzioso, ma più urgente. È l’isolamento, la mancanza di ascolto, la solitudine. È l’adolescente smarrito nel mondo parallelo dei social; è l’anziano novantenne che va da solo in ospedale; è il malato che ha tutto per curare il corpo, ma nulla per guarire l’anima.
«In un mondo dove tutto ciò che è mondano è importante. Dimostriamo che si può essere felici anche senza possedere nulla.»
«La società è piena di cose, ma vuota di relazioni», osserva. «E se un tempo il bisognoso era chi non aveva pane, oggi povero è chi non ha qualcuno accanto». Lo dice pensando agli anziani dimenticati, ai giovani privi di riferimenti, ma anche alle donne: «Essere madre, essere donna – dice – non è una debolezza. È una forza, una chiamata all’amore. Non serve un femminismo che imita i modelli maschili, ma uno che sappia valorizzare la dolcezza, l’intuizione, la capacità di ascoltare».
Anche nel mondo della cura, sottolinea, manca spesso la dimensione della relazione. «In ospedale puoi avere tutte le terapie, i macchinari, le medicine. Ma se nessuno ti guarda negli occhi, ti senti perso». Per Madre Maria Oliva, la medicina dovrebbe tornare a essere anche accompagnamento, vicinanza, presenza. «Ciò che fa la differenza non è solo curare un corpo, ma prendersi cura di una persona intera, del suo dolore, delle sue paure, della sua umanità».
Una vocazione che parla tutte le lingue
Siamo in Croazia dal 1853 per volere di Santa Maria Crocifissa, allora era Dalmazia, e da allora una grande storia si è sviluppata. Attualmente abbiamo 114 Sorelle divise in 14 comunità.
Dal Brasile al Ruanda, dalle Ande dell’Ecuador ai villaggi del Burundi, le Ancelle della Carità sono lì dove serve esserci. «Il nostro carisma – spiega Madre Maria Oliva – è dinamico, non statico. Non lo custodiamo in un cassetto, lo lasciamo incarnarsi nei bisogni del popolo».
È così che nel 1963, quando le prime sorelle giunsero a Ediporã, Ibiporà in Brasile, non trovarono strutture ma solo necessità. Mancavano persino i materassi. E allora iniziarono da lì. Da quel vuoto concreto, riempito con il servizio. Con la presenza. Con l’amore. «Là dove un bambino moriva perché la madre era nei campi e nessuno lo nutriva – racconta – è nata la pastorale della criança, un esempio di carità che da lì si è diffuso in tutta l’America Latina».
«Il carisma non è un bene da conservare, ma un dono da mettere a disposizione del bene comune. Si radica, si incarna, diventa punto di riferimento per tutti»
In Africa, l’opera delle Ancelle si esprime anche nell’educazione. In Ruanda, le sorelle insegnano non solo nelle scuole, ma nella vita quotidiana, accompagnando bambini, ragazze, famiglie. «Non siamo lì per insegnare qualcosa dall’alto – chiarisce Madre Maria Oliva – ma per condividere. Per camminare insieme. In Ecuador le sorelle vivono le stesse fatiche e le stesse speranze del popolo e questo crea legami forti, autentici». Esse sono punti di riferimento per chi non ha nessuno che fa valere propri diritti.
In ogni paese, in ogni cultura, ciò che le Ancelle portano non è un modello occidentale da esportare, ma una presenza di amore da incarnare. «Il carisma si riconosce dalla sua capacità di servire. Di rispondere a un bisogno, qualunque esso sia. Anche quando cambia lingua, pelle, abitudini. Lì dove c’è un dolore, lì deve esserci un’ancella».
Un futuro da abitare insieme
«L’uomo non è fatto per stare solo», dice Madre Maria Oliva. E lo ripete con quella dolcezza autorevole che nasce dall’esperienza. Oggi più che mai, in un mondo che si ripiega su sé stesso, è urgente riscoprire la bellezza della comunione. Dell’attenzione. Dell’amore.
«Tutti abbiamo bisogno di attenzione e affetto. È l’amore disinteressato che fa i miracoli, che fa vivere meglio chi lo riceve e anche chi lo dona.»
«Quando una persona ti dona un’ora del suo tempo – racconta – nasce qualcosa di nuovo. Non solo nel malato, ma anche in chi dona. È una reciprocità che fa rinascere entrambi». È qui che si innesta, ancora una volta, il carisma delle Ancelle: un dono che si fa carne, che tocca la fragilità e la trasforma.
E allora il messaggio diventa chiaro: si può costruire un futuro diverso, più umano, più vero, più condiviso. «Ci salverà l’amore disinteressato – conclude Madre Maria Oliva –. Non quello che prende, ma quello che si dona. E che fa vivere meglio tutti, chi lo riceve e chi lo offre».
Noi, in Poliambulanza, come in tutte le nostre strutture sanitarie e sociosanitarie, in cui ci vedono attente a risollevare i bisogni di salute, cerchiamo di fare nostri ogni giorno questi insegnamenti, rendendo l’esperienza di cura, anche un’esperienza d’amore. Incarnando nella nostra quotidianità la differenza – labile ma concreta – tra curare e prendersi cura dell’altro.