Una rete che educa: il modello formativo di Poliambulanza

La formazione come leva strategica per il benessere delle persone e della comunità, dentro e fuori l’ospedale.

SFERA – Scuola di Alta Formazione Educazione e Ricerca di Fondazione Poliambulanza

La formazione in un ospedale non è mai solo una questione tecnica. Non si esaurisce in un’aula né si misura in ore accumulate. Quando è pensata con cura e costruita sull’ascolto, diventa un gesto di responsabilità verso chi lavora e un atto di attenzione verso chi verrà curato. All’Istituto Ospedaliero Fondazione Poliambulanza di Brescia questa visione è diventata metodo. E il metodo è diventato struttura.

Ne è testimone la Dottoressa Sabrina Maioli, responsabile dell’Ufficio Formazione, che da oltre vent’anni accompagna la crescita professionale e personale di medici, infermieri, amministrativi, tecnici e operatori. Oggi quella piccola “cellula” embrionale — nata nei primi anni duemila come servizio interno alla Direzione Sanitaria — è diventata un’organizzazione strutturata, con cinque figure professionali, una rete capillare di referenti e un’identità riconosciuta: SFERA, Scuola di Formazione Educazione Ricerca Avanzata. Il nome è arrivato nel 2018, a segnare un cambio di passo e di visione.

Dall’obbligo alla consapevolezza

«Siamo partiti dalla formazione obbligatoria, com’era naturale per un ospedale in crescita», racconta Maioli. «Ma presto ci siamo accorti che non bastava». Non bastava per garantire qualità, non bastava per sostenere il cambiamento, non bastava per rispondere ai bisogni reali dei professionisti.

Così, con una sensibilità pedagogica maturata anche grazie all’insegnamento universitario, Maioli ha avviato un percorso più profondo: ascoltare i dipartimenti, raccogliere criticità, leggere le necessità dietro le richieste esplicite. «Non chiediamo cosa piacerebbe fare, ma cosa serve davvero, dove ci sono fatiche, dove e come possiamo accompagnare un’evoluzione».

La formazione, così intesa, diventa uno strumento strategico. Aiuta a gestire i cambi generazionali, rafforza la leadership, costruisce coesione nei gruppi di lavoro, riduce l’incertezza nei momenti di transizione. È un investimento. E come ogni investimento, deve avere un ritorno: non solo misurato in numeri, ma anche in clima, relazioni, appartenenza. «Considera, inoltre, che la nostra organizzazione essendo a carattere cattolico ha sempre al centro la formazione dell’uomo. Per noi è un aspetto imprescindibile. Sono i nostri stessi valori fondanti a farci lavorare su questi aspetti».

Non chiediamo cosa piacerebbe fare, ma cosa serve davvero, dove ci sono fatiche, dove e come possiamo accompagnare un’evoluzione

Per quanto riguarda la partecipazione, si tende spesso a pensare che si tratti di un fatto dovuto, quasi automatico. Ma in realtà non è sempre così: molto spesso, ciò che fa davvero la differenza è la motivazione personale, la percezione di utilità, la possibilità di applicare concretamente ciò che si apprende.

«Per me, la chiave è una sola: la formazione deve essere percepita come “spendibile”. Se una persona sente che quello che sta imparando può essere messo subito in pratica, allora partecipa volentieri, ascolta, si coinvolge. Altrimenti diventa solo un carico in più. Ti faccio un esempio concreto: nel dipartimento cardiovascolare abbiamo fatto un lavoro molto intenso, coinvolgendo tutto il personale infermieristico e una buona parte del gruppo medico. La risposta è stata altissima, proprio perché percepivano l’utilità del percorso. C’erano insicurezze da affrontare e il fatto di affrontare un tema sentito ha fatto la differenza».

Non una formazione semplice ma certificativa, dove c’era necessità di studiare prima, per un corso che si poteva anche “non superare”. «Ma proprio questo ha restituito sicurezza e ha creato un linguaggio comune tra i partecipanti. Si sono mescolati ruoli, discipline, e questo ha favorito anche uno scambio umano e professionale. Alla fine, pur non essendo un percorso guidato da uno psicologo del lavoro, è stato un vero esercizio di appartenenza. E i giovani hanno risposto con entusiasmo: se la proposta è alta e concreta, loro ci stanno».

Misurare l’intangibile

Per rendere tangibile l’effetto di un’azione formativa, SFERA lavora da oltre dieci anni sulla “ricaduta”: si osservano i cambiamenti nei comportamenti, si raccolgono evidenze quantitative (riduzione degli errori, miglioramento nei flussi), ma anche segnali più sottili, come la maggiore disponibilità al trasferimento tra reparti, o la partecipazione spontanea alle riunioni.

Ogni progetto parte da un’analisi accurata e si conclude con un momento di valutazione. La scelta dei formatori è calibrata non solo sulle competenze, ma anche sullo stile e sulla capacità di relazionarsi con il gruppo specifico. E in tutto questo, il dialogo con i coordinatori e i direttori di dipartimento è continuo: consulenziale, partecipato, costruito su fiducia e reciprocità.

La persona al centro, davvero

Non è un principio astratto. Alla base di tutto c’è la volontà di prendersi cura non solo del professionista, ma dell’essere umano. «In Poliambulanza c’è grande attenzione alla formazione della persona. È uno dei motivi che mi ha fatto restare qui», confida Maioli. E lo si vede nei percorsi dedicati al benessere: gestione dello stress, difficoltà familiari, genitorialità, adolescenza. Temi delicati, che spesso vengono affrontati in modo “asettico”, attraverso momenti formativi pensati per evitare lo stigma e offrire strumenti concreti.

«La formazione dà spazio, offre risorse, fa sentire ascoltati. E quando una persona sta meglio, lavora meglio. E cura meglio». Questo perché «la formazione deve toccare anche l’uomo. Offriamo corsi su adolescenza, famiglie, difficoltà personali. Non psicologizzanti, ma che diano strumenti per affrontare il quotidiano».

L’elemento differenziante dell’approccio di Poliambulanza sta nel tipo di formazione che offre: non solo quella scientifica, ma soprattutto quella rivolta all’anima e all’essere umano. «Lavoriamo sulle risorse individuali, sul ruolo che ciascuno ricopre, e su come affrontare i cambiamenti. Questo vale per tutti, sia che si tratti di un dirigente — ad esempio nei percorsi di leadership — sia per figure più giovani, con cui lavoriamo su nuove dinamiche generazionali».

La formazione deve toccare anche l’uomo. Offriamo corsi su adolescenza, famiglie, difficoltà personali. Non psicologizzanti, ma che diano strumenti per affrontare il quotidiano.

Non è raro che dall’analisi dei fabbisogni emergano temi legati, ad esempio, alla gestione dei gruppi, e alle difficoltà che alcuni vivono nel gestire, ad esempio, la flessibilità. «Ti faccio un esempio concreto: nel contesto infermieristico capita spesso che il personale venga spostato da un’unità all’altra, anche all’interno della stessa area. Questo, però, può generare incertezza o disagio. Ecco perché riflettiamo molto su come la formazione possa avere un impatto reale anche sul miglioramento di queste dinamiche quotidiane».

Una rete virtuosa e generativa

Una delle chiavi di successo di SFERA è la sua struttura reticolare: circa 40 facilitatori interni — medici, infermieri, ostetriche, fisioterapisti — formati in pedagogia e in contatto costante con l’ufficio centrale. A loro è affidata la formazione sul campo e il raccordo diretto con le singole unità operative. «Noi diamo il metodo, loro il contenuto. È una collaborazione preziosa, che permette di essere presenti ovunque senza essere onnipresenti. Le abbiamo formate con un approccio pedagogico e continuiamo a mantenerle aggiornate attraverso incontri formali quattro volte l’anno, con date prestabilite».

A questo si aggiunge la formazione “on the job”, fondata sull’analisi dei casi e sulla socializzazione delle competenze tra senior e neofiti. «È un modo efficace per far crescere i nuovi assunti, valorizzare chi ha esperienza e rafforzare il senso di appartenenza. In particolare quando si lavora fianco a fianco sui casi, in maniera efficace e gratificante per il gruppo di lavoro».  Si cercano formatori con solide competenze scientifiche e abilità pedagogiche, relazionali. Per individuare le persone adatte a questo ruolo, è stato costruito un vero e proprio profilo che integra competenze cliniche trasversali. Chi viene scelto viene poi formato internamente attraverso percorsi specifici, in una logica di “formazione per formatori”, centrata proprio sulla simulazione.

Si tratta di lavorare su una serie di standard, una struttura capace di essere calata sui diversi gruppi di lavoro. «L’aspetto prettamente scientifico rimane nelle mani del responsabile, mentre per quanto riguarda lo psicologo del lavoro e gli altri formatori che ci supportano lavoriamo provando prima a lavorare insieme, li sperimentiamo per capire se lo stile del formatore può essere adatto al gruppo di lavoro e alla situazione in cui siamo ingaggiati in quel momento». La “formazione del formatore” è capace, attraverso il lavoro meticoloso svolto a monte, di creare l’ambiente migliore per far sì che i corsi siano pienamente funzionali all’obiettivo.

Formare l’interno per dialogare con l’esterno

SFERA però non è soltanto attenta alla formazione interna. È anche un riferimento riconosciuto per il territorio, grazie a congressi, eventi, corsi per esterni, molti dei quali si ripetono da anni, costruendo fiducia e continuità. «Avere collaboratori che insegnano agli altri significa avere professionisti molto preparati. È un arricchimento per tutti: per noi, per loro, per chi partecipa». E se l’attività esterna ha preso sempre più spazio — fino a suggerire il cambio di nome nel 2018 — è anche perché Poliambulanza ha saputo offrire qualcosa di diverso: qualità, autenticità, attenzione ai contenuti, al di là dell’autoreferenzialità.

La formazione esterna non è solo uno strumento per trasmettere conoscenze, ma anche un’occasione preziosa per rafforzare le competenze interne e consolidare il legame con il territorio. «Chi si prepara per insegnare agli altri — spiega Maioli — impara molto di più. Per questo, favorire la partecipazione attiva dei collaboratori ai momenti formativi esterni significa arricchire l’intera organizzazione».

Anche se in passato molti ospedali hanno preferito delegare i congressi ad agenzie esterne, Poliambulanza ha scelto consapevolmente di investire internamente. Questo approccio ha permesso di risparmiare risorse, ma soprattutto di contribuire al livello di preparazione del personale e di creare occasioni di confronto con i professionisti del territorio. Da qui è nato un percorso progressivo, partito con iniziative piccole e diventato nel tempo strutturato, fino a influenzare anche il cambiamento del nome stesso del servizio, per riflettere l’apertura sempre più marcata verso l’esterno.

Inizialmente la formazione rivolta all’esterno era focalizzata esclusivamente su temi scientifici. Col tempo questi sono stati integrati da corsi sperimentali — come quelli sull’intelligenza emotiva, il tocco, il corpo — che hanno rappresentato un’offerta originale, anche rispetto a quanto disponibile in altri ospedali. L’offerta formativa nel suo complesso ha permesso negli anni di attrarre partecipanti e prestigiosi relatori esterni e di creare un senso di appartenenza più profondo internamente.

«Nel tempo» – aggiunge Maioli – «abbiamo costruito una rete virtuosissima». Corsi come le serate pediatriche si ripetono ormai da vent’anni: «Sono diventate un riferimento per i pediatri esterni. È bello quando le persone si appassionano. Siamo privi di autoreferenzialità, spesso dialoghiamo con enti esterni così da creare dei network. Attraiamo le persone con il dibattito e il servizio di qualità, l’interscambio è il nostro valore aggiunto».

Verso il futuro: una piattaforma per crescere ancora

Oggi l’obiettivo è rendere tutto questo ancora più accessibile e integrato, grazie a una piattaforma digitale integrata che unisca la vetrina esterna ad un’area personale per ogni utente. «Sarà un luogo dove trovare corsi, attestati, materiali, iscriversi e monitorare i propri percorsi, trovare le fatture. Sarà utile a noi, ma soprattutto alle persone. Perché la formazione deve essere anche semplice, immediata, fruibile». Un progetto che punta a semplificare anche gli eventi in videoconferenza, oggi difficili da gestire per problemi di tracciabilità.

Parallelamente, si punta a rilanciare il corso per OSS, «una figura indispensabile, ma difficile da reperire». Il valore aggiunto dell’offerta di Poliambulanza sta nella possibilità di svolgere il tirocinio direttamente in ospedale o RSA, garantendo una formazione completa e concreta. «Abbiamo anche persone adulte che decidono di cambiare vita. È un percorso che dà tanto, anche a livello personale», ancora una volta il valore umano, quello della persona, torna centrale e con Poliambulanza non potrebbe essere altrimenti.