L’impresa che guarda al primo respiro

Con “Brain-Up”, Cromodora Wheels e Fondazione Poliambulanza costruiscono un’alleanza tra industria e sanità per offrire ai neonati nati con gravi disabilità percorsi riabilitativi precoci e continuativi.

In un’azienda che produce cerchi in lega, dove ogni dettaglio nasce per garantire sicurezza e bellezza ai veicoli di marchi prestigiosi come Audi, Porsche e BMW, può prendere forma anche qualcosa di molto diverso: prendersi cura dei più piccoli. È accaduto a Ghedi, nel cuore della provincia di Brescia, dove Cromodora Wheels — azienda storica dell’automotive con sedi in Italia e nella Repubblica Ceca — ha scelto di sostenere Fondazione Poliambulanza finanziando il progetto Brain-Up, dedicato ai neonati con alto rischio di disabilità neuropsicomotorie.

Un incontro fra mondi solo apparentemente lontani: l’industria e la sanità, l’alluminio e la vita che inizia.

Ma per Ermanno Pedrini, presidente di Cromodora Wheels, il legame è naturale: «Per noi la responsabilità sociale non è un gesto accessorio, è parte integrante della nostra identità. Da anni abbiamo deciso, come Consiglio di Amministrazione, di destinare una voce di bilancio a progetti di alto valore sociale. E quando si è presentata l’occasione di sostenere Brain-Up, non abbiamo avuto dubbi: ci siamo buttati immediatamente».

Il progetto nasce all’interno dell’Unità Operativa di Riabilitazione Specialistica di Fondazione Poliambulanza, guidata dalla dottoressa Chiara Mulè con la collaborazione della dottoressa Antonella Vangelista, fisiatra esperta in riabilitazione dell’età evolutiva.
L’obiettivo è intervenire nei primissimi giorni di vita, quando la plasticità cerebrale è massima e un percorso riabilitativo mirato può cambiare in maniera importante la traiettoria di sviluppo.

Statisticamente ogni mille nati una decina di bambini presenta condizioni di rischio di disabilità e due di loro ricevono una diagnosi di paralisi cerebrale infantile.

Ogni anno in Poliambulanza, su circa 3.000 nascite, una trentina di bambini rientreranno, grazie a Cromodora Wheels, nel programma Brain-Up dedicato a loro e  alle loro famiglie: stimolazioni sensoriali e neurocomportamentali già in Terapia Intensiva Neonatale, piani di riabilitazione personalizzati fino ai sei anni, supporto psicologico per i genitori.

Con Brain up si interviene in modo tempestivo e multidisciplinare, in un territorio finora non presidiato in modo altrettanto efficace.

«Quando abbiamo scoperto questi numeri, ci siamo resi conto di quanto fosse urgente colmare un vuoto», racconta Pedrini. «Perché dietro ogni cifra ci sono genitori, storie, paure quotidiane. E sapere che possiamo fare qualcosa per ridurre questo peso è per noi motivo di orgoglio».

Il contributo economico di 300.000 euro in tre anni da parte di Cromodora sosterrà il fabbisogno terapeutico che coinvolge oltre 20 diversi specialisti e consente l’inserimento stabile di un terapista occupazionale nel team di Poliambulanza, potenziando l’intensità dei trattamenti e la continuità della presa in carico.  «Un nostro dirigente ha adottato un bambino con una disabilità simile», ricorda Pedrini. «Per diciotto anni ha fatto avanti e indietro da Parma, perché qui non c’era un centro in grado di seguirlo. Oggi, grazie a Brain-Up, queste famiglie non devono più affrontare da sole quel viaggio. È un cambiamento concreto, che si misura in chilometri risparmiati e in ore di vita restituite».

Il progetto ha anche un forte valore umano per l’azienda.

Alla presentazione, organizzata nello stabilimento di Ghedi, oltre duecento dipendenti hanno partecipato con entusiasmo.

 «Molti avevano appena finito il turno di notte e sono rimasti. Questo mi ha colpito profondamente», confessa Pedrini. «Significa che l’iniziativa è arrivata dritta al cuore delle persone. Involontariamente, l’azienda ha toccato le corde giuste. La responsabilità sociale unisce, crea orgoglio, senso di appartenenza. Ti fa dire: io lavoro in un posto che fa del bene».

Il presidente di Cromodora parla con realismo di un settore, quello dell’automotive, attraversato da forti tensioni. «L’elettrico non ha ancora portato i risultati attesi, molte aziende soffrono. Ma nonostante questo, credo che l’impresa debba continuare a restituire qualcosa. L’etica non è un lusso dei momenti floridi: è un dovere e una missione da perseguire anche nei tempi difficili». Pedrini sa che il futuro delle imprese passa anche da qui. «Fino a pochi anni fa c’erano quattro candidati per un’azienda. Oggi ci sono quattro aziende per un candidato. Se vuoi attrarre e trattenere persone competenti, devi offrire un ambiente di lavoro che rifletta valori autentici. I giovani cercano senso, non solo un salario. E per noi progetti come Brain-Up sono anche un modo per dire chi siamo oltre quello che facciamo».

Pedrini guarda avanti, verso un futuro che ha nella speranza il suo faro, fiducioso che altre aziende seguiranno l’esempio. «Molti imprenditori hanno la volontà di fare, ma si scontrano con troppa burocrazia. Io credo che in Italia ci sia molta più sensibilità di quanto si pensi. Basterebbe semplificare, permettere alle imprese di dare una mano in modo agevole. L’imprenditore non è un predatore del territorio, è una sua risorsa».

Per questo Pedrini definisce Brain-Up «un investimento morale», ma anche un simbolo di un modo diverso di essere impresa:

«Quando puoi contribuire a migliorare la vita di un bambino e alleggerire quella dei suoi genitori, non è beneficenza: è civiltà.

È restituire al territorio ciò che ti ha permesso di crescere».